16 Oct
16Oct

La prima notte in Svezia... non ho mai parlato delle notti, dei miei sogni, di che cosa succede dentro un Volkswagen Van. Tutte le volte, molte volte, che ho dormito nel "Westfalia" la procedura era sempre la solita: cercare di spostare più cose possibili dalla zona notte (la parte dietro il guidatore), nell'abitacolo: chitarra, valigia, varie ed eventuali. Per chi come me non è un genio dell'ordine, vivere per quaranta giorni così non è proprio il massimo, per di più in uno spazio vitale alto un metro e quaranta, largo due, insomma farsi largo in tre metri quadrati non è il massimo, ma queste erano le regole in partenza e così sarà fino alla fine.

Apertura della panca-sedile che attraverso un sistema a molle si allunga diventando un unico piano: un letto a una piazza e mezzo, cercare di stendere il lenzuolo-copri materasso gattonando (con la difficoltà di non arrivare a puntare bene gli angoli in fondo), altro lenzuolo sopra; prima coperta di lana, il sacco a pelo che viste le temperature miti viene aperto e usato come coperta e se proprio verso le quattro di mattina il rigido fosse entrato nelle ossa, il cappotto "di renna" pesante sopra, così che l'effetto schiacciamento ti tiene ancora più caldo. Per quanto riguarda i piedi, questo è un annoso problema, io non metto i calzini, sono della vecchia scuola che i piedi di notte devono respirare liberi, ma a costo di uscire dal club dei piedi scalzi di notte, è capitato di addormentarmi, vuoi per dimenticanza o necessità, con i calzini. I miei sogni? tanti ma quelli preferisco tenerli per me... il buio delle notti, le luci che entrano soffuse dentro la macchina, svegliarsi in macchina, il respiro nebulizzato alle otto di mattina, i "berneccoli" in testa, perché alzandoti ti dimentichi del mobiletto che sta sopra la tua testa e lo "cresimi" tutti i santi giorni. La velocità con cui spogliarsi e rivestirsi, il caffè caldo con il calore che appanna tutti i vetri e poi questi silenzi a volte totali a volte effimeri,  parcheggiando di fianco alla strada principale, il via vai delle macchine ti dice che non sei solo, ma tutti hanno fretta, nessuno sa che sei lì, rumore di vita che non attacca su di te . Non è in questo blog che parlerò di solitudine, purtroppo o per fortuna il motivo di questo viaggio è nato proprio per uscire dalla mia solitudine esistenziale che vivevo in mezzo alle persone, alla ricerca di qualcosa che se avessi avuto ragione, mi avrebbe portato a non essere mai realmente solo, fortunatamente così è stato. La prima notte in Svezia, dicevo, tutto regolare. D'altra parte aver avuto le indicazioni da Jack del faro di Mölle mi ha fatto svegliare con maggiore entusiasmo. In questo viaggio il vantaggio era avere sempre un obbiettivo da raggiungere e anche quest'oggi io l'avevo. Mi metto alla guida e passo per il centro di Malmö, il tempo è grigio. Dopo aver parcheggiato selvaggiamente dappertutto in Europa, le regole qui cambiano, parcometri, poche macchine in giro e un rispetto per tutto ciò che è il codice della strada ma soprattutto dei pedoni e biciclette, mi subentra una paura che mi fa desiderare di entrare il prima possibile in contatto con la natura, cambio subito destinazione ed è così che arrivo a Mölle di mattina presto, il centro abitato è piccolino e inizio a salire verso il piccolo promontorio dove Google Maps (Santo aggiungerei) mi indica per raggiungere il mio obbiettivo. Condizioni meteo davvero difficili è la prima volta dopo più di venti giorni di viaggio che la pioggia e il freddo si abbattano pesantemente sul mio cammino, anche se fortunatamente sono a bordo del "Westfalia". Su una di queste piccole salite vedo un ciclista salire con un rapporto leggero, penso immediatamente: "ma chi è sto matto??" e invece più mi avvicino e più scorgo i lineamenti di una donna, e allora: "Ma è una pazza e va a bomba!!!", sembrava una farfalla che danzava su una bici da corsa: vento contro, pioggia sul viso, ma il freddo che faceva. Le passo a fianco, la vedo è concentratissima nel massimo dello sforzo sui pedali, vorrei dirle qualcosa, mi passa un brivido freddo dentro la spina dorsale, "Fly my butterfly, fly for me" "Vola farfalla mia, vola per me", un attimo i nostri occhi si incontrano.

Accelero e proseguo per la mia strada, anche se non manca poco al mio arrivo, ancora tre chilometri. Continuo a pensare alla mia farfalla che pedala senza curarsi delle sue ali bagnate, mi domando: dove stia andando? perché uscire proprio con quel tempo, è da stamattina che piove, forse è una ciclista professionista, forse è talmente innamorata del suo sport che non sente il caldo e il freddo, un po' la invidio, anche a me non dispiacciono le situazione al limite, Mi ricordo le volte che sono andato a correre sotto bufere di pioggia, una volta ho corso persino sotto la neve, quel giorno ero in Toscana a Barberino del Mugello e mi ricordo che mi addentrai nel bosco e vidi i cervi, fu un emozione indimenticabile. A volte spingere al limite le proprie capacità ti aiuta connetterti con la natura con il mondo reale. Nel frattempo sono arrivato e mi fermo un attimo per farmi il mio caffè, mi è venuto talmente freddo a vedere il gesto eroico della mia "farfalla" che ho bisogno di qualcosa di caldo e poi fuori non smette di piovere. Ho dovuto parcheggiare qualche centinaio di metri prima e non vedo precisamente il luogo tanto decantato dall'amico Jack, così non mi rendo conto di cosa mi aspetti. 

Sento salire il caffè, ho fatto svelto mettendo la fiamma a tutto gas e con la coda dell'occhio vedo sfrecciare una piccola figura... che sia la mia farfalla in bicicletta? bevo il caffè in una sorsata con il rischio di bruciarmi le budella, devo scoprire chi si cela sotto il caschetto e gli occhiali per proteggersi dalla pioggia. Mi fiondo verso il faro nella speranza di incontrare la mia eroina. Vedo prima lei che lo spettacolo naturale che mi circonda. Si è rintanata in un piccolo pertugio della struttura costruita nei primi del novecento, è un po' frastornata e tiene stretta la sua bici da corsa, una Trek in carbonio bellissima. Mi avvicino siamo solo io e lei. In un inglese stentato ma pieno di ammirazione, le dico: "Wow you are the best, i see you on the hill, congrat, you move like a buterfly!" tradotto "wow sei grande, ti ho visto sulla collina, complimenti, ti muovi come una farfalla!". Inizialmente penso di averle messo un po' paura, poi le ho spiegato la mia passione per la bici il fantastico giro di 880km fatto con il fratello Dennis (il Kazako) e un po' si scioglie ed è così che ci avviciniamo al faro assieme. Quello che si para davanti a noi è uno spettacolo, realmente incredibile, in questo luogo ho speso la mia prima lacrima per il panorama, ho ringraziato tutte le persone e in primis me di essere riuscito ad arrivare sino a lì. Ci siamo scattati qualche foto e mi sono fatto spiegare chi fosse e soprattutto perché fosse li. Il suo nome è Sanne Røhe è danese e si trovava lì perché la mattina presto aveva preso un battello dalla Danimarca, era arrivata da Malmö fino a  Mölle  e poi sarebbe tornata a casa facendo in tutto un giro da circa 100km e la mia bocca si è aperta, poi mi racconta che ha già fatto qualche iron-man. disciplina che prevede in un'unica gara: bici-corsa-nuoto e lì la bocca si è spalancata ed infine mi mostra la sua impresa più grande: un tour da costa a costa dell'Australia, da sola e lì mi è caduta la mascella. Avevo davanti a me una farfalla, e poi scopro che è pure assistente di volo, insomma mai sopranome fu più azzeccato. Va in bici per passione, da quando un'incidente alla schiena l'ha costretta a dedicarsi maggiormente allo sport per rimettere a posto i suoi muscoli dorsali. Le offro di farle buon caffè caldo italiano ma mi fa segno che non piove e forse è il caso di riprendere a pedalare. Ci salutiamo, la vedo sfrecciare via, l'ammiro come una statua, come una divinità come il fuoco della passione che brucia e non fa sentire caldo o freddo le voglio bene come al mio Pirata: Marco Pantani

Rimango in questo angolo del Paradiso per almeno quattro ore. Prima l'incontro con Sanne, poi un'escursione per arrivare a toccare con mano le rocce, gli scogli, bagnati dal mare e intanto il tempo sembra cambiare, spesso accade in questi posti. Spunta un sole bellissimo caldo e avvolgente, inizio a fantasticare sul fatto che tutti posti che vedrò siano così, sono elettrizzato, non voglio andarmene, ma continuo ad avere un po' di ansia per il lungo viaggio verso Goteborg, Sanne mi suggerisce Batard, ha visto il mio look da "Sailor Man" e pensa che sono un marinaio in cerca di storie da lupi di mare, forse un po' è vero... mi rimetto in cammino e vedo solo strada e paesaggi meravigliosi, decido di andare spedito ma non perdermi nemmeno un metro di questa costa meravigliosa...  Sanne, dove sarà la mia Farfalla, ci siamo scambiati i nostri contatti e sopratutto il suo sito internet dove in danese ha raccolto un po' delle sue avventure: cyclino.com

Per la cronaca a Molle ho lasciato un pezzo di cuore, per favore se qualcuno mai tornasse su quel faro e ve lo consiglio, può controllare se ancora è lì, ci terrei perché sapere che un pezzo di me rimarrà sempre in quel Paradiso mi fa dormire sogni tranquilli la notte

"Chi raggiunge il proprio ideale, proprio con ciò lo oltrepassa" F. Nietzsche

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